Da qualche giorno le scuole sono riaperte e il tema dei vaccini è quanto mai attuale così come il dibattito sull'obbligatorietà delle vaccinazioni, intorno alle quali proliferano false credenze che alimentano paure e disinformazione. La dottoressa Romina Silenzi, pediatra di riferimento della Cooperativa Gialla, ci aiuta a fare un po’ di chiarezza.
Dottoressa, lei come la spiega la diffidenza verso i vaccini?
Il movimento anti-vaccinista ha iniziato a farsi strada già dopo le prime scoperte in campo vaccinale di Edward Jenner; tuttavia, solo negli ultimi decenni, grazie all'uso di Internet e, in particolare, dei social, ha potuto ampliare il target di diffusione di notizie false e fuorvianti. Alla base della diffidenza, o spesso addirittura della condanna immotivata dei vaccini, risiede sicuramente un passaparola metropolitano di notizie non fondate scientificamente (quante volte abbiamo sentito dire “mia nipote ha fatto il vaccino e dopo una settimana ha iniziato ad avere crisi convulsive”, oppure “il figlio di una mia amica ha manifestato i sintomi del diabete dopo poco dal vaccino”…?). Purtroppo, non ricevono lo stesso passaparola la notizia di un bimbo che, a seguito di morbillo contratto perché non vaccinato, ha manifestato come complicanza polmonite, insufficienza respiratoria acuta e quindi è deceduto, oppure i 4 mesi di degenza in Terapia Intensiva Neonatale di un lattante di un mese e mezzo affetto da parotite, trasmessa dal fratello perché non vaccinato. In effetti, purtroppo o per fortuna, grazie al progresso scientifico in termini di gestione della complicanza conseguente la patologia infettiva, la conoscenza e la consapevolezza degli esiti più gravi è drasticamente calata, per cui si fa fatica a credere che di morbillo si muore ancora. A ciò sicuramente va associato il concorso di eventi storicamente noti, come la vicenda di Wakefield in Inghiterra, che ha falsato l’esito di una ricerca scientifica dimostrando una correlazione, in effetti inesistente, tra autismo e vaccino per morbillo-parotite-rosolia, o il riconoscimento da parte del Tribunale di Rimini nel 2012 di un risarcimento a favore di un ragazzo affetto da autismo, riconosciuto come esito del vaccino per MPR (Morbillo/Parotite/Rosolia) dopo perizia medica (sentenza ribaltata nel 2015, ma ovviamente il fatto ha avuto comunque grande impatto mediatico).
Dopo l’entrata in vigore dell’obbligatorietà dei vaccini nel 2017, secondo una ricerca quasi la metà dei genitori italiani ha cercato informazioni in rete. Di questi, solo il 5% si è rivolto a fonti istituzionali. L’85%, invece, ha scelto canali di informazione generalista, se non twitter o facebook. Com'è possibile che le parole della scienza risultino meno credibili di quelle di uno sconosciuto incontrato su internet?
A mio avviso non si tratta di una minore credibilità, sebbene ultimamente vi sia una crescente diffidenza verso le istituzioni politiche e sociali, quanto piuttosto di una minore fruibilità delle informazioni scientifiche da parte della popolazione. La ricerca di siti o blog non istituzionali che affrontano temi come la salute è motivata dalla possibilità di ricevere informazioni sicuramente più semplici e generaliste e, quindi, di più immediata ricezione e comprensione da parte di tutti, sebbene spesso, proprio per questo, risultino poi meno accurate ed attendibili. Per fortuna, negli ultimi anni ed in particolare dal 2017, la necessità di amplificare le campagne vaccinali per raggiungere le coperture auspicate, ha sensibilizzato le fonti istituzionali a rivolgersi alla popolazione con strumenti più pratici e comprensibili da parte di tutti. I “paroloni” della scienza, incomprensibili ai più, stanno facendo sicuramente posto ad un linguaggio meno tecnico ma sicuramente più pregnante.
L’incubo dell’autismo da sempre aleggia sui vaccini, eppure tra le due cose non risulta un nesso. Come si è diffusa questa fake news?
Nel 1998 il ricercatore britannico Andrew Wakefield pubblicò sulla prestigiosa rivista scientifica “The Lancet” uno studio che documentava una stretta associazione tra vaccino per morbillo-parotite-rosolia e comparsa di un disturbo dello sviluppo, nella fattispecie di autismo, in 12 bambini sottoposti a tale vaccino nelle 2 settimane precedenti la comparsa della sintomatologia. Da allora, si è rapidamente diffusa una severissima campagna di controinformazione sul vaccino MPR (Morbillo/Parotite/Rosolia) , che ha causato forte allarmismo tra i genitori e, di conseguenza, un drastico calo della copertura vaccinale, in Inghilterra e non solo, per queste 3 importanti malattie infettive. Per fortuna, nel 2004, il giornalista britannico Brian Deer, dopo diverse ricerche, riuscì a smascherare Wakefield, documentandone un grave conflitto di interessi alla base della ricerca: due anni prima della pubblicazione, infatti, Wakefield era stato pagato per alterare i risultati dello studio al fine di supportare una serie di cause giudiziarie intentate da un avvocato contro le case farmaceutiche produttrici dei vaccini. Inoltre si scoprì che Wakefield aveva brevettato un sistema di vaccini separato per sostituire il trivalente che aveva additato come causa dell'autismo. Inutile dire che Wakefield venne radiato dall’Ordine dei Medici e non può più esercitare nel Regno Unito, sebbene abbia continuato a difendere la propria ricerca.
Le vaccinazioni (obbligatorie) sono 10. In particolare, coinvolgono i bambini dagli 0 ai 6 anni. Perché è importante assicurare ai bimbi la copertura da queste malattie? E ancora, molti si chiedono: è proprio necessario farli in combinazione?
Il numero di 10 vaccini obbligatori non è una scelta puramente numerica ma rappresenta un gruppo di patologie infettive (difterite, tetano, pertosse, poliomielite, H. Influenzae, epatite B, morbillo, parotite, rosolia e varicella) non eradicate e potenzialmente fatali con cui quotidianamente i nostri bambini, soprattutto nei primi 6 anni di vita, possono entrare a contatto e contagiarsi. La sempre più precoce scolarizzazione, infatti, unitamente agli effetti di un calo negli anni passati delle coperture vaccinali per queste infezioni, hanno consentito di registrare un nuovo aumento dei casi in questa fascia di età, con epidemie locali significative sia in termini statistici ma, anche e soprattutto, sociali, con esiti importanti sia in termini di mortalità che di morbilità (complicazioni morbose a lungo termine). Per quanto concerne il numero di vaccini obbligatori, sebbene considerati singolarmente si tratti di 10 patogeni, in effetti si tratta di due soli vaccini: uno esavalente (per difterite, tetano, pertosse, poliomielite, H. Influenzae, epatite B) ed un tetravalente (per morbillo, parotite, rosolia e varicella). Sebbene sia stato dimostrato che la somministrazione di tutti questi vaccini in una unica seduta non aumenterebbe il rischio di effetti avversi rispetto alle singole somministrazioni in tempi differenti, il calendario vaccinale ne prevede la somministrazione in tempi e dosi accuratamente prestabilite in termini di efficacia e sicurezza.
Ricordo che quando ero piccola mia madre mi faceva stare a contatto con chi aveva qualche malattia infettiva per facilitare il contagio e togliersi il pensiero del morbillo, della varicella o chissà che altro. Ancora oggi c’è chi ritiene sia meglio per il sistema immunitario ammalarsi piuttosto che venire a contatto col vaccino: come stanno le cose?
Cosa ha imparato la scienza in questi anni? Il contagio naturale rappresenta uno stimolo altrettanto valido per il nostro organismo rispetto alla vaccinazione in termini di risposta immunitaria; tuttavia, nulla ci consente di prevedere eventuali complicanze della malattia infettiva contratta naturalmente rispetto ai rarissimi effetti collaterali gravi (non parlo di febbre o reazione locale, ovviamente) della somministrazione di un vaccino, peraltro in parte prevenibili nel soggetto a rischio.
I vaccini fanno arricchire le case farmaceutiche. Anche questo si sente dire. Cosa rispondiamo?
Le aziende farmaceutiche che producono vaccini sono le stesse che producono anche antipiretici, antiinfiammatori ed antibiotici. Probabilmente, dovendo ridurre la questione in termini meramente economici, ancor più conveniente potrebbe essere consentire la diffusione di tali patologie infettive, in modo da favorire l'impiego di questi stessi prodotti per il trattamento sintomatico e/o eziologico, più duraturo e quindi costoso delle singole dosi vaccinali.
C’è chi pensa che la scomparsa di malattie come la poliomielite o la difterite nei paesi sviluppati non sia dovuta alla vaccinazione, ma alle migliorate condizioni di vita. Alla fine i vaccini sono vittime della loro stessa efficacia?
Possiamo vederla in questo modo, in effetti. Come ho già spiegato, il progresso scientifico, sia in termini di vaccini ma anche in termini di assistenza sanitaria del soggetto infetto, ha consentito di ridurre in misura significativa il numero e la tipologia di esiti legati a patologie infettive prevenibili con i vaccini. Quindi, sicuramente la sensazione da parte dei “non addetti ai lavori” è di un accresciuto benessere su scala globale. Tuttavia, l’interesse del mondo scientifico, della ricerca e della Sanità a livello mondiale non è sicuramente quello di continuare a vaccinare in eterno, ma di eradicare e debellare definitivamente quei patogeni che continuano ad oggi a creare malattia, disabilità e decessi anche nei nostri paesi sviluppati.
(I.C.)
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